KHMER ROSSI

Movimento di guerriglieri comunisti e filomaoisti attivi in Cambogia dall'inizio degli anni sessanta del XX secolo. I suoi esponenti principali (Ieng Sary, Khieu Samphan e Pol Pot) si formarono in Francia negli anni cinquanta e, dopo il colpo di stato di Lon Nol (1970), si allearono a formazioni nazionaliste moderate e allo stesso N. Sihanouk, opponendosi all'intervento americano e sudvietnamita in Cambogia. Verso la conclusione della guerra del Vietnam conquistarono Phnom Penh (aprile 1975). Emarginando, ed eliminando fisicamente, i propri alleati e gli stessi comunisti cambogiani filo-vietnamiti, diedero vita a un regime oppressivo e sanguinario controllato dall'Angkar (organizzazione), e guidato da Pol Pot che venne rovesciato dall'intervento militare vietnamita del 1978. Rifugiatisi in Tailandia e appoggiati da Cina popolare e Usa, alimentarono un'incessante guerriglia contro il governo cambogiano, finché, dopo lunghissime trattative, accettarono la mediazione dell'Onu del 1990-1991 per un governo di unità nazionale.

Orrore Rosso

La storia della Cambogia contemporanea, chiamata anche Kampuchea, è caratterizzata dalla presenza di due uomini: Norodom Sihanouk e Pol Pot. Il primo fu fino al 1954 il sovrano assoluto del regno della Cambogia. Discendente da una casata regnante abituata ad esercitare un potere al limite del dispotismo, anche questo personaggio non si sottrasse nella prima parte della sua vita al medesimo clichè. Condusse una giovinezza lussuosa e smodata, senza mai curarsi effettivamente del proprio popolo. Quando assunse agli onori del trono ci si sarebbe aspettati un sovrano inetto e poco avvezzo al governo, invece ci si dovette immediatamente ricredere. Educato in scuole d’estrazione tipicamente francese aveva avuto modo di aprirsi alle idee occidentali di democrazia e prosperità della nazione.

Così, divenuto re, pur non abbandonando il proprio stile di vita, seppe dare alla Cambogia una parvenza di liberalità. Nel 1954 nel momento in cui i francesi si ritirarono dalle loro colonie, si fece eleggere monarca costituziona, mettendo alla prova del voto elettorale la propria carica. I quindici anni che seguirono furono caratterizzati da una politica moderata in ambito economico e decisamente neutrale in campo internazionale.

Il Sud-Est asiatico degli anni sessanta, come molti ricorderanno, era travagliato dal conflitto del Vietnam. La Cambogia costituiva per i vietcong la base ideale da dove partire per tormentare le retroguardie del Sud del Vietnam nel Delta del Mekong. Annidatisi in territorio cambogiano a metà di quel decennio, le truppe comuniste del Nord Vietnam ebbero mano libera per diverso tempo a causa dello scarso peso dell’esercito cambogiano. Con l’intensificarsi del conflitto tra Vietnam e Stati Uniti, la Cambogia si trovò stretta tra due fuochi. Da una parte la presenza militare di Hanoi impediva di seguire appieno le direttive statunitensi, dall’altra le pressioni economiche americane rischiavano di strangolare la debole economia del paese asiatico. Tra le due soluzioni Sihanouk decise di mantenere una condotta e non si scontrasse né con lo scomodo vicino né con la super potenza mondiale. Denunciò la presenza dei Vietcong nel suo paese, ma non si attivò mai per scacciarli.

Nel 1969 Gli Stati Uniti raggiunsero il loro massimo impiego in termini di truppe sul fronte vietnamita e non potevano permettere che un paese ai loro occhi insignificante come la Cambogia rendesse insicuro persino il posto di comando di Saigon, dando asilo alle truppe ribelli comuniste. Visto l’immobilismo del sovrano, si cercò di trovare un governante più accondiscendente.

Egli fu individuato nella persona di Lon Nol. Presumibilmente appoggiato dalla CIA, ottenne una grande vittoria elettorale in quell’anno che gli permise di presentarsi da Sihanouk con l’investitura dell’elettorato. Divenuto primo ministro dietro nomina reale Lon Nol non attese molto prima di manifestare le sue vere intenzioni. Approfittando dell’assenza del sovrano che si trovava in Francia per problemi di salute, mise in scena un colpo di stato che destituì il re, privandolo d’ogni potere conferitogli dalla costituzione.

Che il nuovo potentato fosse protetto dagli Stati Uniti fu subito chiaro con l’attacco all’ambasciata del Vietnam delud che provocò ripercussioni a livello internazionale. Sihanouk fu colto completamente alla sprovvista dalla sua defenestrazione. Forse per ingenuità o forse per eccessiva faciloneria aveva dato lui stesso la posizione di potere a Lon Nol. Esiliato in Francia senza fondi e senza appoggi, si mosse alla ricerca di amici. Dall’intervista che egli rilasciò a Oriana Fallaci e che possiamo ritrovare nel suo libro “Intervista con la Storia” possiamo farci un’idea di quali fossero le sue sensazioni durante tale primo periodo. Escluse immediatamente una collaborazione con L’Unione Sovietica, poiché come lui stesso disse “i sovietici aiutano solo i comunisti obbedienti” e Sihanouk non era né comunista né tantomeno obbediente. Molte delle nazioni tradizionalmente favorevoli al suo regime, tra cui la Francia e l’Italia, gli voltarono le spalle riconoscendo il governo di Lon Nol. Isolato l’unica mano gli fu tesa dalla Cina. Zhou En Lai lo volle a Pechino personalmente per garantirgli tutto l’appoggio cinese alla causa caogiana.

L’appoggio finanziario e militare della Cina comunista sarebbe servito a ben poco se Sihanouk non avesse ottenuto anche la collaborazione dei Khmer Rossi. Questi ultimi erano formazioni partigiane comuniste che fin dall’abbandono francese della Cambogia avevano imperversato nella parte settentrionale del paese, protetti dal terreno ricoperto dalla giungla, favorevole alla lotta di Guerriglia. Essi prendevano il nome dagli antichi abitanti della Cambogia che nel passato avevano dominato tutta l’Indocina prima di essere sconfitti dai Vietnamiti e costretti ad abbandonare gran parte dei propri possedimenti.

Figura dominante al loro interno era Pol Pot, il cui vero nome, Saloth Sar, rimase a lungo un segreto. Per non correre il rischio di affrettare i tempi dell’esposizione, bisogna ricordare che Sihanouk si batté a lungo contro i Khmer Rossi quando ancora era al potere, ma una volta spodestato riconobbe da buon uomo di stato che l’interesse contingente veniva prima delle convinzioni politiche. Egli afferm&ograv “per me il nemico principale è l’imperialismo americano e il fascismo di Lon Nol; il nemico secondario sono i comunisti. Conclusione, scelgo di stare col nemico secondario per sconfiggere il nemico principale… I Khmer Rossi non mi amano affatto, mi tengono con loro perché senza di me non avrebbero i contadini e una rivoluzione in Cambogia non si fa senza i contadini. Una volta vinta la rivoluzione mi sputeranno come il nocciolo di una ciliegia.” La sua lucida disamina dei fatti si sarebbe avverata in ogni particolare. Commise solo un errore che però si sarebbe rivelato gravissimo. Il re auspicava l’avvento del comunismo nel paese perché a suo dire la rivoluzione proletaria aveva avuto successo nelle zone già liberate e piuttosto che vedere una riedizione delle Filippine di Marcos e della Corea di Kim, preferiva una nazione agraria e indipendente.

L’ascesa dei Khmer non fu immediata. Nel 1973, mentre si stavano già tenendo i colloqui di pace tra Kissinger e Le Duc Tho per il rimpatrio del contingente americano, gli Stati Uniti invasero la Cambogia all’inseguimento dei Vietcong. Lon Nol diede pieno appoggio all’operazione, inimicandosi tutti gli strati più bassi della popolazione. L’efficacia dell’attacco fu pressoché nulla. I Vietcong adottarono una tecnica molto semplice ritirandosi in buon ordine nella giungla già occupata dai Khmer, fermando le loro operazioni fino a che la calma non fosse tornata. Essa non tardò a lungo in quanto la firma della pace tra Vietnam e Stati Uniti rese inutile la prosecuzione degli scontri sul territorio cambogiano. Finita la guerra le truppe irregolari del Vietnam del Nord fecero ritorno nel loro paese, lasciando in un’apparente calma la Kampuchea. Gli anni che vanno dal 1973 al 1975 sono caratterizzati dal lento progredire verso Phnom Penh, la capitale, delle squadre ribelli. Si arrivò al punto che solo la capitale rise in mano al governo di Lon Nol e solo grazie alla grande campagna di bombardamenti posti in essere dagli Stati Uniti che ancora vedevano l’avanzata del comunismo in Indocina come una minaccia dei loro interessi. Ritiratisi completamente nel 1975 dal Vietnam, l’amministrazione americana non ebbe tuttavia più modo di giustificare le spese per il mantenimento operativo degli squadroni di bombardieri in Cambogia. Venuto meno l’aiuto del potente alleato occidentale, declinò anche la stella di Lon Nol che il 1 Aprile 1975 riuscì miracolosamente a fuggire alle Hawaii, lasciando Phnom Penh ai Khmer che vi entrarono il 17 dello stesso mese.

Vittoriosi su tutto il campo, i rappresentanti del comunismo si dovevano ora cimentare col governo del paese. Innanzi tutto c’era la questione di Sihanouk. Si doveva tenere fede ai patti e spartire con lui il potere o si poteva eliminarlo e farne a meno? Le parole del re sul suo ascendente sui contadini erano purtroppo vere e sfortunatamente per i Khmer, essi dovettero cedere all’idea di nominarlo presidente della Repubblica Cambogiana. L’investitura così ricevuta resse solo formalmente e per poco meno di un anno. Sihanouk, in effetti, era prigioniero dei suoi stessi alleati che già avevano cominciato i preparativi per uno dei più grandi massacri di massa che la storia ricordi. I metodi del regime comunista rimasero per diversi anni nascosti all’opinione pubblica in conseguenza dell’isolamento in cui i Khmer costrinsero la Cambogia. Solo il conflitto con il Vietnam avrebbe dissolto la nebbia su questi crimini. Il terreno fertile in cui affondavano le radici della nuova guerra risaliva indietro nel tempo per secoli. Come già ricordato i vietnamiti avevano contribuito alla caduta dell’impero Khmer e la diversità razziale esistente tra le due popolazioni era considerata prima dell’appartenenza dei due stati all’area comunista. Firmati gli accordi con gli Stati Uniti, il Vietnam aveva in pratica abbandonato la Cambogia al suo destino. La faticosa lotta di Pol Pot per la vittoria aveva ammantato i Khmer Rossi di un alone di invincibilità che spinse il nuovo dittatore ad eccessi di megalomania. Seguendo una insana volontà espansionistica, arrivò ad attaccare in più riprese i confini vietnamiti fino a scatenare la reazione di Hanoi. Il giorno di Natale del 1978 150.000 soldati del riunificato Vietnam invasero la Cambogia conquistandola il soli 13 giorni. Braccato dall’esercito nemico, Pol Pot ritornò alla macchia per riorganizzare le sue schiere.

La vittoria del Vietnam portò alla luce l’orrore delle fosse comuni. Nella mente visionaria di Pol Pot, indottrinato nella vecchia scuola del comunismo proletario della rivoluzione continua, la Cambogia sarebbe dovuto divenire un paese totalmente autosufficiente dal punto di vista economico e dal momento che l’unica vera risorsa che esisteva era l’agricoltura, era su di essa che si doveva fare affidamento.

Ogni altra condizione lavorativa fu bandita. In particolare gli appartenenti alla borghesia e ai ceti politici vennero in principio deportati in campi di lavoro e successivamente trucidati. Essere dotto oltre il minimo indispensabile del saper leggere e scrivere poteva costare caro, anche la vita. Non si è mai riusciti a calcolare la portata dei massacri, ma secondo una stima attendibile, su sette milioni di abitanti residenti in Cambogia al momento della salita di Pol Pot, tra un milione e mezzo e tre milioni vennero uccisi dalle squadre rosse. La pacificazione forzata portata dalla sconfitta militare&nbsnon doveva però durare a lungo. Il Vietnam che durante la guerra con gli Stati Uniti aveva avuto grandi aiuti dalla Cina, si era spostato su una posizione più filosovietica. La Repubblica Popolare Cinese, vedendo nell’allargamento del Vietnam un tentativo di accerchiamento da parte russa, intervenne in aiuto dei vecchi amici cambogiani, inviando una spedizione punitiva che nel febbraio e marzo del 1979 mise a ferro e fuoco la regione a Nord del paese.

L’azione cinese indebolì la resistenza vietnamita che pur detenendo il potere in Cambogia non ebbe mai il completo controllo sul territorio dove rimaneva molto attivi i Khmer Rossi. All’estero nel frattempo nacquero due movimenti per la liberazione della Kampuchea: il Fronte Nazionale per la Liberazione della Kampuchea (detti Khmer blu) di estrazione nazionalista e il Fronte Unito Nazionale per una Cambogia Indipendente, Neutrale, Pacifica e Cooperativa (Khmer Bianchi) capitanata da Sihanouk. Il sovrano dimostrava di avere mille risorse.

Deposto per la seconda volta nel 1976 era scampato all’esecuzione rifugiandosi nuovamente a Pechino. Già scottato dalla collaborazione con Pol Pot, Sihanouk avrebbe dovuto trarne degli insegnamenti. Invece come se nulla fosse accaduto nel 1982 accettava di presiedere un comitato comune che comprendesse tutte e tre le fazioni di resistenza. Nonostante la coalizione tra le forze ribelli, il Vietnam possedeva un apparato militare altamente efficiente che avrebbe annientato ogniesistenza se non fossero venute meno le risorse finanziarie. Uscito dalla rovinosa guerra di indipendenza con la Francia e poi da quella di riunificazione contro gli Stati Uniti, la sovvenzione di un esercito stabilito in pianta stabile in un paese straniero non rientrava nelle sue possibilità economiche. Il ritiro dell’appoggio sovietico nel 1988 costituì il pretesto per un ritiro che da tempo era nell’aria. Il governo fantoccio cambogiano si persuase alle trattative con le altre parti in causa che porterà ad un accordo per la cessazione delle ostilità nel 1991. L’ONU avrebbe garantito la permanenza della pace con 22.000 caschi blu fino allo svolgimento delle elezioni.

Queste ultime si tennero tra il 23 e il 28 Maggio 1993 con la sorprendente vittoria del partito di Sihanouk sui comunisti. Varata la costituzione democratica e nominato l’ex re presidente il definitivo consolidamento del governo cambogiano sembrava cosa fatta. Al contrario, Sihanouk espulse i rappresentanti dei Khmer rossi dal governo, adduceo come pretesto il loro rifiuto di disarmarsi come previsto dall’accordo di Parigi. L’ennesimo ritorno nella clandestinità dei Khmer e le tendenze golpiste persino tra i figli dello stesso presidente non fanno presagire un avvenire troppo roseo per la florida Kampuchea.